mercoledì 9 novembre 2011
Berlusconi come Totò con la fontana di Trevi Rifila a Napolitano le 'dimissioni post-datate'
di Marco Marturano
Avete presente la famosa scena di un celebre film di Totò in cui il nostro italico eroe vendeva la fontana di Trevi a un turista americano? Ecco il remake di quella sequenza che tanto bene raccontava l'immagine che della nostra Italia dei furbetti del quartierino abbiamo dato per anni e' stato riproposto ieri sera al Quirinale. La parte di Toto' la interpretava un attore consumato come il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che presentava come risposta ai mercati e alla politica italiana (a cominciare dalla sua exmaggioranza) che chiedevano le sue dimissioni immediate il primo caso di dimissioni postdatate della storia. Una specie di pagherò con data e modalità ovviamente definite solo da lui. Il certificato di proprietà della fontana di Trevi del suo modello di riferimento, Totò appunto. La parte del turista americano l'ha interpretata invece il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha ritenuto sufficiente per i mercati, l'Europa e la politica italiana una promessa di dimissioni postdatate.
Naturalmente il Presidente della Repubblica in buona fede avrà ragionato sul segnale che sarebbe dovuto arrivare ai mercati della doppia garanzia dell'ammissione della necessita delle dimissioni da parte di Berlusconi e del collegamento con la realizzazione di un primo atto concreto di risanamento dei conti pubblici, la legge di stabilita'. Peccato che questo segnale sia stato recepito solo ed esclusivamente da quel mondo dei giornali e della politica italiani che ormai sono talmente autoreferenziali da non riuscire spesso neanche a vedere cosa e' concepito solo per loro e per i loro modi di interpretare la realtà e cosa e' reale. In questo caso infatti l'operazione fontana di Trevi venduta al turista Napolitano ha fatto abboccare anche tutti i giornalisti e i politici che volevano finalmente poter fare i titoli e occupare minuti televisivi sulla fine dell'era berlusconiana. Non capendo la banalità del fatto che invece i mercati e
l'Europa avrebbero interpretato quell'infausto accordo postdatato come la peggiore indicazione che rappresentava la massima inaffidabilità dell'Italia. In quella soluzione infatti i mercati hanno letto la follia di un Paese al quale il mondo economico e istituzionale chiede un cambio di governo (anche aprendo un dialogo diretto con il Presidente della Repubblica) e che risponde a questa richiesta scegliendo di far gestire a quel governo (appena dimostratosi privo anche di una maggioranza numerica in Parlamento) la più delicata delle operazioni di salvataggio dello Stato italiano. E a fare questa scelta e' proprio quel Presidente della Repubblica chiamato da diverse istituzioni economiche e politiche internazionali a garantire una risposta certa e immediata per salvare l'Italia e segnare una discontinuità.
Aggiungiamo che a peggiorare la credibilità del patto suicida del Quirinale sono i due precedenti remake dello stesso film. La manovra da 60 miliardi di euro che il governo italiano ha presentato ai primi di agosto per poi cambiarla almeno 5 volte e ogni volta al ribasso e' stata la prima fontana di Trevi. La seconda, la peggiore, e' stata la letterina di intenti presentata in quel consesso internazionale in cui i mercati e le istituzioni chiedevano di portare un decreto legge chiuso e approvato dal Consiglio dei Ministri per essere immediatamente operativo.
Proprio per questo, proprio perché non si poteva non aver visto e capito gli effetti devastanti prodotti sui mercati dai primi due episodi della grottesca imitazione di Totò, era impossibile e irricevibile l'accordo masochista dell'8 novembre al Quirinale.
E proprio per questo quello che e' successo il giorno dopo sui mercati e in particolare ai nostri titoli di Stato (ridotti quasi come la "pizza di fango del Camerun" di una celebre parodia sulla lira nei primi anni 90) era ampiamente prevedibile ed e' una pesantissima responsabilità del Presidente della Repubblica. E con lui di tutta la politica italiana e dell'informazione, che hanno prima pensato a stappare le bottiglie di champagne per le dimissioni virtuali di Berlusconi che agli interessi del Paese.
Dopodiché, direte, sara' anche una responsabilità del Presidente del Consiglio? Ma la domanda e' retorica e per il Berlusconi del pizzino sui deputati "traditori" la scelta di interpretare il Totò della fontana di Trevi e' il minimo sindacale.