Esempio A:
Spezzò un rametto di oleandro, rischia il rinvio a giudizio. L'uomo, un etiope di 39 anni, colse fiori per la fidanzata: «Vicenda assurda, voglio tornare in Etiopia»
PENA FINO A TRE ANNI
Spezzò un rametto di oleandro, rischia il rinvio a giudizio
L'uomo, un etiope di 39 anni, colse fiori per la fidanzata: «Vicenda assurda, voglio tornare in Etiopia»
ROMA - «Tornerò in Etiopia, è assurdo che in Italia si possa essere processati penalmente per aver spezzato due rametti di una pianta» El Israel, cittadino etiope 39enne, non riesce a mandar giù l’idea che la Procura di Roma voglia processarlo per aver colto da un oleandro alcuni fiori da regalare alla sua fidanzata. La pena per il reato contestato, danneggiamento aggravato, è da sei mesi a tre anni di reclusione. Esempio B:
Presunti abusi ai fedeli, archiviata accusa nei confronti di don Stefano Rocca
Le presunte vittime non hanno più presentato una querela nei suoi confronti. E dunque l'inchiesta a carico di don Stefano Rocca, parroco di Ugento, è stata archiviata, nonostante almeno quattro persone abbiano raccontato agli inquirenti di molestie sessuali subite dal prelato.
Il parroco avrebbe ammesso, nel corso degli interrogatori, di aver avuto rapporti sessuali, rivendicando però l'assoluta estraneità alle accuse, visto che, avrebbe detto, le persone coinvolte erano assolutamente consenzienti.
L'inchiesta era scattata nel corso delle indagini per l'omicidio di Peppino Basile. Quattro persone, delle quattrocento ascoltate dagli inquirenti, avevano riferito gli approcci sessuali, avvenuti tra le quattro mura della chiesa di Ugento. Dopo le dichiarazioni consegnate ai pm, però, non sono seguite le querele, necessarie in questi casi.
Il Tribunale del Riesame ha effettuato un vero e proprio ribaltamento nel processo Tarantini: la condotta dell’imprenditore pugliese è stata indotta dal Premier. Silvio Berlusconi era “pienamente consapevole” che le ragazze portate nella residenza erano delle escort: è questo quello che sostiene il Tribunale del Riesame di Napoli. Ora è stato emesso un mandato di scarcerazione a favore di Tarantini e della moglie; inoltre gli atti processuali sono stati trasferiti a Bari.
Berlusconi è stato quindi accusato del reato di istigazione a mentire (articolo 377 bis del codice penale) nei confronti di Gianpaolo Tarantini. La suddetta norma ha «lo scopo di contrastare gli inconvenienti derivanti da un possibile uso strumentale e insidioso della facoltà di tacere e perfino di mentire davanti all’autorità giudiziaria». Tarantini, da super-indiziato, non è più punibile: «In considerazione della qualità di destinatario dell’induzione», Tarantini «deve ritenersi non punibile», mentre la moglie Angela è «totalmente estranea all’unica fattispecie di reato che il Collegio ha ritenuto configurabile».
Queste sono le parole dei giudici: «La condotta processuale fin dall’origine assunta da Tarantini volta a tenere il più possibile indenne il presidente del Consiglio Berlusconi dai verosimili danni alla sua immagine pubblica derivanti dalla divulgazione dei risvolti più sconvenienti del processo pendente presso l’autorità giudiziaria barese è stata indotta dalla promessa (anche tacita o per facta concludentia) da parte del premier di farsi carico, dal punto di vista economico in senso lato, della situazione di Tarantini».
Ciò che aggrava ancor di più la situazione è che la giustificazione per le somme di denaro elargite dal Cavaliere all’imprenditore, formalmente per «spirito di liberalità e solidarietà del presidente del Consiglio nei confronti di un soggetto trovatosi in gravi difficoltà economiche», viene «inevitabilmente smentita non solo da una serie di argomentazioni di ordine logico, ma anche da una pluralità di circostanze di fatto emergenti dagli atti». Il ragionamento dei giudici è molto chiaro: «È di tutta evidenza che l’aiuto ad un amico in difficoltà non si concretizza con modalità non trasparenti come quelle utilizzate in ogni occasione da Berlusconi». Quindi Berlusconi avrebbe versato quelle somme per motivi tutt’altro che leciti, secondo il giudizio dei giudici; i versamenti«cominciano quando Tarantini viene indagato a Bari e “culminano” quando Gianpi, con il patteggiamento, avrebbe potuto contribuire a “stendere un velo su notizie e fatti che avrebbero destato sicuro clamore mediatico (riguardo alla faccenda delle escort, n.d.r.)”. «Promesse, dazioni e altre utilità», continuano i giudici del Riesame, «iniziano in epoca coeva al momento in cui Tarantini assume la qualità di indagato a Bari, con l’individuazione, da parte dell’avvocato Niccolò Ghedini, dell’avvocato D’Ascola quale difensore dell’imprenditore».